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Un ricordo di Enrico Atzeni

Oggi ci ha lasciato Enrico Atzeni, a lungo professore all’Università di Cagliari e maestro di molti archeologi preistorici sardi. Studioso brillante, autore di lavori che costituiscono rilevanti capisaldi nella storia degli studi, è stato anche pioniere, nonché uno dei pochi protagonisti, della ricerca sul territorio attraverso le prospezioni, rivolte in particolare al cagliaritano, che hanno consentito il recupero di dati preziosi per la conoscenza e per la comprensione delle manifestazioni archeologiche e delle vicende culturali relative alle fasi cronologiche più antiche della Sardegna.

Enrico Atzeni è stato professore ordinario di Paletnologia e Antichità Sarde nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari e Direttore del Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-Artistiche della Scuola di Specializzazione di Studi Sardi, succedendo in questi incarichi al suo predecessore e maestro Giovanni Lilliu.

Archeologo preistorico di fama internazionale è noto sia per i suoi illuminanti contributi scientifici su temi di ampio respiro come ad esempio la plastica neolitica, la statuaria di età eneolitica, il megalitismo, il fenomeno campaniforme e le prime età dei metalli sia per la scoperta e l’interpretazione di contesti archeologici di grande importanza tra i quali gli ipogei Monte Claro di Cagliari, il complesso preistorico di Pranu Muttedu di Goni, la tomba Bingia ‘e Monti di Gonnosfanadiga, il riparo di Su Carroppu, la necropoli di Montessu e i molti siti archeologici del Sulcis e dell’Iglesiente.

La sua attività di archeologo preistorico iniziò negli anni Cinquanta quando, lasciati gli studi di medicina, si dedicò a un’intensa attività di ricerca sul territorio, volta all’individuazione di elementi utili alla definizione degli aspetti culturali di epoca preistorica e al recupero dei materiali e dei resti strutturali, affrontata anche secondo una prospettiva diacronica.

I risultati delle ricerche confluirono nei due corposi articoli “Stazioni all’aperto e officine litiche nel Campidano di Cagliari” e “I villaggi preistorici di San Gemiliano di Sestu e di Monte Ollàdiri di Monastir presso Cagliari e le ceramiche della «facies» di Monte Claro”, pubblicati rispettivamente nel 1958 e nel 1962 nella rivista Studi Sardi.

Di grande rilievo è il sistematico rigore metodologico che permea i contributi, tanto più rilevante se si pensa al carattere di modernità e di avanguardia rivestito da questo tipo di ricerche: alla puntuale localizzazione topografica dei complessi si accompagna la dettagliata descrizione di quanto individuato sul campo e la precisa notizia dei materiali ceramici e litici rinvenuti nelle diverse località. Esemplare per dovizia e accuratezza della documentazione è il repertorio dei rinvenimenti dell’industria litica e ceramica insieme a un’approfondita analisi dei caratteri tecnologici e morfologici delle produzioni. Oltre alle carte di localizzazione dei rinvenimenti, alla considerevole documentazione fotografica, il contributo offre la resa grafica di un’amplissima carrellata di fogge di strumenti litici e di elementi vascolari, che ancora oggi costituisce un’importante riferimento per chi si pone allo studio dei manufatti di periodo neolitico, eneolitico e nuragico.

Lo studio dei materiali eneolitici e la scoperta di una tomba a cista litica di facies Monte Claro, costituiscono l’occasione per una disamina di quest’aspetto culturale anche attraverso la segnalazione di nuovi rinvenimenti, l’elaborazione di una carta di distribuzione delle presenze Monte Claro nell’isola, e il “moderno” inquadramento della facies al pieno eneolitico.

Precursore di un interesse che verrà coltivato solo in tempi più recenti, Enrico Atzeni pose l’attenzione anche su elementi di natura archeo-zoologica, quali ossa e conchiglie, nell’ottica di una puntuale definizione del quadro paleo-economico delle comunità preistoriche.

Ma il contributo più significativo è costituito – oltre che dalla grandissima quantità di nuovi dati – dall’apporto innovativo rappresentato da un metodo di ricerca che ha le sue radici nella conoscenza approfondita del territorio acquisita attraverso le indagini di superficie condotte in modo estensivo e allo stesso tempo intensivo e volte al recupero di ogni elemento utile alla definizione del quadro complessivo delle comunità preistoriche e protostoriche che popolarono la regione.

La scoperta della Necropoli eneolitica di San Benedetto di Iglesias, pubblicata insieme all’antropologo Carlo Maxia nel 1964, negli Atti dell’VIII e IX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, costituisce ancora oggi un unicum, in quanto si riferisce a un contesto sepolcrale chiuso di cultura Ozieri (si tratta anche del primo rinvenimento di questo aspetto culturale nel Sulcis Iglesiente), che fornisce indicazioni sul numero (35 individui) e sulle modalità di deposizione (rivelatasi di tipo secondario). Anche in questo caso l’associazione dell’analisi antropologica allo studio archeologico costituì un elemento innovativo di grande attualità.

La pubblicazione delle Tombe a forno di cultura Monte Claro nella via Basilicata di Cagliari nella Rivista Italiana di Scienze Preistoriche del 1967 può essere considerata a buon diritto una pietra miliare nell’ambito della letteratura archeologica preistorica sarda. Viene, infatti, illustrata la scoperta della necropoli della cultura eneolitica di Monte Claro, che rappresenta per la singolarità del tipo sepolcrale, per la completezza dei corredi funerari e per la peculiarità degli elementi vascolari uno dei complessi archeologici più rappresentativi della facies meridionale dell’aspetto culturale Monte Claro.

Le ricerche di Enrico Atzeni si sono concentrate anche su contesti protostorici come il complesso di Santa Cristina di Paulilatino, in cui riportò alla luce e curò il restauro del pozzo sacro, il nuraghe Genna Maria di Villanovaforru, il nuraghe Cuccurada di Mogoro, il tempio a pozzo di Cuccuru Nuraxi di Settimo San Pietro e il nuraghe Diana di Quartu Sant’Elena.

Oltre a queste furono rilevanti le attività di ricerca condotte nelle Baleari, a Maiorca, con lo scavo dell’insediamento di Ses Païsses ad Artà insieme a Giovanni Lilliu e quelle in Corsica nell’abitato di Filitosa. Qui gli scavi da lui compiuti tra il 1962 e il 1964 gli consentirono di individuare alcune strutture abitative torreane (ascrivibili quindi all’età del bronzo) e, all’interno del riparo sotto roccia D1, una stratificazione di grande importanza per la sequenza culturale della Corsica, con l’individuazione di una fase finale del neolitico antico a cui si sovrappone un livello di ceramiche dell’età del bronzo torreane e di aspetto “appenninico” con legami quindi con la penisola italiana.

Molte delle sue ricerche, oltre che un’occasione di studio e riflessione sui problemi di genesi e sviluppo degli aspetti culturali preistorici, rappresentano anche un prezioso e incomparabile archivio documentario di un patrimonio archeologico che, inesorabilmente, diventa ogni giorno più esiguo e che, grazie alle sue ricerche, Enrico Atzeni ha preservato per noi.

La sua eredità scientifica più preziosa consiste però nella lettura lucida dei fenomeni che hanno caratterizzato la preistoria sarda attraverso interpretazioni che rivelano un’ampia visione proiettata verso l’Europa e il Mediterraneo e che hanno resistito al tempo, costituendo ancora imprescindibili riferimenti.

Enrico Atzeni lascia un ricordo indelebile nei suoi allievi e in coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo o di lavorare con lui, quello di uno studioso corretto e garbato, nemico di nessuno, con una infinita passione per la preistoria che è stato capace di comunicare e trasmettere con forza a intere generazioni di archeologi e di cui io stessa gli sono immensamente grata.

Anna Depalmas

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