IAN HODDER (Università di Standford) ENTANGLEMENTS AND THE ORIGINS OF AGRICULTURE
VENERDÌ 31 MARZO, ORE 10 MUSEO NAZIONALE ROMANO – PALAZZO MASSIMO LARGO DI VILLA PERETTI, 1 – ROMA
Ian Hodder compie i suoi studi a Cambridge nei primi anni Settanta sotto la guida di uno dei più noti esponenti della New Archaeology, David Clarke, e sotto la sua influenza scrive nel 1976, assieme a Clive Horton, il noto manuale Spatial Analysis in Archaeology.
Dopo la morte prematura di Clarke, Hodder volge i suoi interessi all’etnoarcheologia, compiendo diverse ricerche in Kenya e in Sudan; il risultato è in due importanti monografie del 1982 (Symbols in Action e The Present Past) che costituiscono, assieme a Reading the Past del 1986 (in italiano Leggere il passato, del 1992), il principale manifesto della scuola post-processuale, un indirizzo di studio che tendeva a superare alcuni eccessi deterministici e meccanicistici della New Arcaheology rimettendo al centro della riflessione teorica l’uomo, le sue scelte, le sue capacità di utilizzare i simboli per negoziare e modificare la propria condizione.
Tale tendenza è risultata dominante nell’ambito dell’archeologia teorica, soprattutto tra le giovani generazioni, almeno fino agli inizi del XXI secolo; esaurita la sua spinta propulsiva essa ha comunque dato luogo allo sviluppo di diverse correnti di studio (tra le altre l’archeologia di genere, l’archeologia dell’etnicità, l’archeologia delle minoranze) al centro dell’attenzione degli studiosi.
Nel 1996 Hodder è diventato professore a Cambridge, dal 1999 insegna all’università americana di Stanford.
Fin dall’inizio uno dei problemi più studiati da Hodder è quello dell’origine e della diffusione del Neolitico, oltre che la ricostruzione dell’ideologia sottesa a questo cruciale momento storico, un argomento che sarà al centro della conferenza del 31 marzo.
Dopo un importante libro pubblicato nel 1990 (The Domestication of Europe), dal 1993 Ian Hodder dirige lo scavo del più importante sito neolitico dell’Asia sudoccidentale, Çatalhöyük.
Grazie anche ai cospicui finanziamenti ricevuti, questo scavo, definito da Hodder “riflessivo e multivocale”, è ormai divenuto un modello, per l’avanzata tecnologia utilizzata, per la quotidiana condivisione delle operazioni in rete, per la partecipazione di studiosi da tutto il mondo (ricordo ad esempio il contributo italiano alla digitalizzazione e allo studio delle tracce d’uso), per l’impiego perfino di un’équipe di psicologi che seguono gli archeologi e last but not least per il modo in cui è tenuto il sito ora perfettamente conservato e visitabile.
Autore di più di 20 monografie (molte tradotte in varie lingue) e 170 articoli, editore di decine di volumi, vincitore di premi e medaglie, membro di numerose società scientifiche e del comitato scientifico di diversi periodici, Ian Hodder è certamente uno degli archeologi più influenti della scena contemporanea