Atti della XXXIX riunione scientifica IIPP “Materie prime e scambi nella preistoria italiana”
La Grotta della Monaca, ubicata nella Calabria settentrionale tirrenica a poca distanza dall’importante valico montano detto “Passo dello Scalone” (740 m s.l.m.), è una cavità naturale che si sviluppa nei calcari del Trias per 342 m di lunghezza e 22 di profondità. Nota sin dall’Ottocento, essa è divenuta oggetto dall’anno 2000 di sistematiche campagne di scavo archeologico da parte della Cattedra di Paletnologia dell’Università degli Studi di Bari. Le indagini condotte tanto nella Pregrotta, quanto nei settori più profondi e discosti dalla superficie, hanno messo in evidenza una remota attività di coltivazione mineraria diretta allo sfruttamento di minerali di ferro (goethite) e rame (malachite e azzurrite), studiati dal Dipartimento Geomineralogico della stessa Università. La prova che tali mineralizzazioni sono state oggetto di intenso sfruttamento è data dal rinvenimento di numerosi utensili di scavo (soprattutto mazzuoli e asce-martello in pietra levigata), dalle impronte dei loro colpi sulle pareti e dalla presenza di muretti a secco eretti negli ambienti più stretti con lo scopo di creare spazio praticabile all’uomo. Le evidenze di coltivazione mineraria sembrano riferirsi ad un arco cronologico compreso tra l’Eneolitico iniziale e la media Età del Bronzo, come attestano i reperti ceramici recuperati nel corso delle ricerche.