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Il più antico DNA italiano

SEGNALAZIONI DEI SOCI

Il più antico DNA italiano è di un neandertaliano veronese

Un frammento di cranio di Uomo di Neanderthal proveniente dal Riparo Mezzena di Verona è il primo fossile umano a sud delle Alpi da cui è stato estratto e sequenziato il DNA mitocondriale (mtDNA).
Lo studio è pubblicato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista Current Biology (vol. 16, n. 16).
E’ la prima volta che in Italia si riesce a sequenziale il mtDNA di un neandertaliano, cioè di una forma umana precedente alla nostra, che ha vissuto nelle grotte e ripari del veronese intorno a 50.000 anni fa, ma che era molto diffusa in tutta l’Europa e nel bacino mediorientale.

info: Longo10@unisi.it

L’analisi conferma quanto i neandertaliani siano lontani dagli uomini moderni, ma dimostra anche che presentavano già una grande variabilità e che la loro distribuzione geografica sembra avere differenze sostanziali soprattutto a nord e a sud delle Alpi. Il mtDNA del fossile italiano risulta molto diverso da quello dei neandertaliani tedeschi, croati e spagnoli e presenta invece maggiori affinità con il mtDNA estratto da reperti del vicino oriente (grotta di Mezmaiskaya in Caucaso), con i quali condivide anche due mutazioni particolarmente significative.

Sino ad oggi i neandertaliani il cui mtDNA era stato sequenziato mostravano una notevole somiglianza, come a testimoniare una certa omogeneità del patrimonio genico del gruppo.

Il più comune antenato con cui neandertaliani e la nostra specie (Homo sapiens) pare abbiano condiviso il patrimonio genico risale a circa 250.000 anni. Le mutazioni presenti nei resti italiani e del vicino oriente (entrambi datati a circa 50.000 – 40.000 anni fa) sollevano nuovi interrogativi sulla storia demografica ed evolutiva dei neandertaliani. Questo rende ancora più intriganti le ricerche condotte sui fossili umani del veronese.

Lo studio multidisiplinare vede la partecipazione di antropologi molecolari (David Caramelli, dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Firenze), antropologi fisici (Silvana Condemi, Faculté de Medicine-Université de la Méditerranée, Marseille) e archeologi (Laura Longo, Conservatore di Preistoria del Museo di Storia Naturale di Verona e attualmente in forza alla sezione di Ecologia Preistorica dell’Università di Siena).

Quest’ultima, assieme a Paolo Giunti, coordina il progetto di revisione dei fossili umani, e dei relativi siti, rinvenuti nel territorio veronese. Ricchissimo il bottino su cui i ricercatori possono contare dato che il territorio di Verona è il più generoso in Italia per la ricchezza di fossili umani. Resti di Homo erecus, di neandertaliani, di Homo sapiens arcaico e di Homo sapiens sapiens assommano a vari individui, tutti rinvenuti durante le attività di ricerca del Museo nel territorio e dimenticati nei cassetti per lunghi anni. Il progetto prevede nuove aggiornate analisi dei resti fossili umani e del loro contesto ambientale e cronologico, per una loro ricollocazione nel mutato panorama dell’evoluzione umana.

Gli ottimi risultati ottenuti a Riparo Mezzena saranno prossimamente supportati da ulteriori analisi sul collagene estratto da campioni di ossa prelevati dai sedimenti del testimone ancora conservato nel riparo, in strettissime condizioni ambientali. La tecnica prevede che i nuovi reperti da cui estrarre il mtDNA vengano successivamente conservati a -20°C, metodo già usato in Spagna nella grotta “El Sidron” e che ha dato ottimi risultati. Il laboratorio dell’Università di Firenze è il più affermato in Italia per lo studio del mtDNA fossile. Infatti ha già ottenuto ottimi risultati analizzando i fossili umani della sepoltura femminile di Grotta Pagliacci (FG) e quelli delle faune di grotte dell’Italia meridionale grazie alla collaborazione con i responsabili degli scavi A.M. Ronchitelli e P. Boscato dell’Università di Siena.

Per informazioni:

Laura Longo, Conservatore di Preistoria, Museo di Storia Naturale di Verona.
Longo10@unisi.it
Cell. 347 3638792

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