Atti della XXXI riunione scientifica IIPP “La Valle d’Aosta nel quadro della preistoria e protostoria dell’arco alpino centro-occidentale”
Le fasi più antiche della preistoria della Valle d’Aosta, a partire dall’epoca del progressivo ritiro del ghiacciaio quaternario, non sono ancor note. È probabile che future ricerche possano portare alla luce testimonianze risalenti al Mesolitico ed al Neolitico Antico e Medio. Sono in corso di esplorazione alcuni siti attribuibili a momenti di transizione tra il Neolitico finale e l’Eneolitico Antico caratterizzati dalla presenza di consistenti necropoli di tombe a cista, del tutto simili a quelle di tipo Chamblandes dell’adiacente territorio svizzero. Il sito che si presenta meglio conservato è quello di Villeneuve, ad Ovest di Aosta, individuato da P. Barocelli nel 1917, che aveva messo in luce una prima parte della necropoli, comprendente 25 tombe senza corredi. Una ripresa degli scavi sistematici ha permesso di stabilire che la necropoli è molto vasta e che gli strati archeologici contengono reperti atti a datare la necropoli stessa. Il sondaggio eseguito nel 1987 ha consentito d’individuare altre 8 tombe e di raccogliere nello strato soprastante una serie di materiali in posto. Tra questi spicca un’industria litica di tipo microlitico, su selce e quarzo, con predominanza di grattatoi. L’aspetto ceramico non è ancora ben definibile, data la estrema frammentarietà e la scarsità dei reperti. La presenza di decorazioni incise a «chevrons» consente però di stabilire un confronto con il sito di Saint-Léonard, presso Sion, nel Vallese. Si è rinvenuto anche un punteruolo metallico, che farebbe pertanto datare questo sito ad un momento di transizione tra il Neolitico e l’Eneolitico Antico. La prosecuzione dei lavori dovrà quindi portare un rilevante contributo per la conoscenza della cultura definita dalle necropoli di tombe a cista, insediata sui due versanti delle Alpi Pennine. Anche l’insediamento di capanne su sommità di una collina individuato a Saint-Pierre, non ancora scavato, sembra appartenere a questa cultura poiché presenta anch’esso ceramiche decorate a «chevrons». Il terzo sito in corso di esplorazione è quello di Vollein, ad oriente di Aosta. Scavi effettuati tra il 1968 ed il 1983 hanno portato alla luce una consistente necropoli di 66 tombe a cista. Il giacimento e le tombe sono stati però in gran parte sconvolti e rimaneggiati nel corso del tempo, e risulta difficile una precisa datazione della fase d’impianto della necropoli e degli strati soprastanti, data anche la scarsità dei reperti. A frammenti di ceramiche attribuibili a momenti tardi e finali del Neolitico (vasi a bocca quadrata) si associano altre ceramiche decorate a. scanalature. Queste in un primo tempo erano state attribuite ad una cultura dell’Eneolitico simile a quelle di Baden, Piano Conte a Fontbouisse. Ma un restauro dei frammenti ha portato a far riconoscere meglio alcune forme di tale ceramica, e ad attribuirle piuttosto ad aspetti della Media Età del Bronzo dell’Italia Nord-Occidentale. Solo lo scavo dell’insediamento, che si sta ora individuando nei valloni sottostanti la necropoli, potrà permettere di stabilire con sicurezza la sequenza dei momenti storici presenti in questo sito. Il ritrovamento archeologico di maggiore importanza è comunque quello avvenuto alla periferia occidentale della città di Aosta nel 1969 presso l’antica chiesa di Saint-Martin-de-Corléans. Scavi sistematici condotti tra il 1969 ed il 1990 in un giacimento stratificato, spesso in media da 4 a 6 m. ed esteso circa un ettaro, hanno portato a mettere in luce un’area di culto e di sepoltura rimasta in funzione per quasi tutto il corso del III millennio a.C. L’area, caratterizzata dalla presenza di monumenti megalitici di vario tipo, è stata definita pertanto area megalitica. E stata messa in luce una sequenza di 5 fasi strutturali, successive e concatenate, che partendo da momenti finali del Neolitico od iniziali dell’Eneolitico Antico giungono, attraverso tutta l’evoluzione dell’Eneolitico, ai momenti iniziali dell’Età del Bronzo. Le fasi strutturali sono le seguenti: 1) Allineamento di 22 pali di legno, orientato circa NE-SW, con deposizione di ceneri di crani di bue (3000-2750 a.C.). 2a) Aratura di delimitazione e consacrazione dell’area destinata all’impianto susseguente di due allineamenti di stele antropomorfe. All’aratura si è accompagnata una semina di denti umani (2750-2700 a.C.). 2b) Erezione di due allineamenti ortogonali (NE-SW e NW-SE circa) di stele antropomorfe e di tre piattaforme associate (2750-2300 a.C.). Esistono due stili successivi di stele (I, arcaico, II, recente). 3) Allineamento di 7 grandi pozzi cilindrici principali a 5 accessori, parallelo all’allineamento dei pali lignei (fase 1) ed ad uno degli allineamenti di stele (NE-SW). Nei pozzi esistono deposizioni di macine, semi di frumento e di altri vegetali (2700-2300 a.C.). 4) Costruzione di una serie di 5 tombe megalitiche di varia tipologia, con reimpiego delle stele antropomorfe (Tombe II, IV, V, VI, VII) (2300-2100 a.C.). 5) Costruzione di 3 nuove tombe, di dimensioni minori, con reimpiego delle stele antropomorfe (Tombe I, III, IISE) (2100-2000 a.C.). Nell’area megalitica di Aosta si è messa in evidenza, innanzitutto, la problematica relativa alla ciclicità, alla continuità ed alla associazione dei riti nel tempo. Risulta che tutti gli orientamenti delle strutture allineate rispondono a precise connessioni astronomiche, con una preferenza per certi orientamenti particolari. Si può, in generale, mettere in rilievo la presenza di logici e sistematici collegamenti tra mondo religioso e sfera celeste. Nelle costruzioni megalitiche si è individuata l’applicazione di una precisa unità di misura, pari ad un piede di cm. 31. Nessuna delle tombe megalitiche ha rivelato la presenza di un tumulo soprastante, per cui ad Aosta si può parlare di «megalitismò all’aperto», a differenza di quanto accade nell’ambito del megalitismo atlantico dell’Europa nord-occidentale. Uno dei risultati di maggiore importanza dello scavo è la constatazione che gli allineamenti di stele antropomorfe sono almeno 3 secoli più antichi della edificazione delle tombe, e che pertanto non esiste una associazione primaria tra stele e tombe: le stele vengono più tardi sistematicamente reimpiegate nelle costruzioni tombali, ma si tratta, in tal caso, di una associazione secondaria. La funzione primaria delle stele antropomorfe è legata, pertanto, al culto dei vivi e non a quello dei morti. Si ipotizza la possibilità della presenza di un «pantheon» arcaico di divinità. La costruzione di alcune tombe (II e VII) ha comportato specifici riti di fondazione, con deposizione di bicchieri campaniformi a cordicella, che datano quindi in modo sicuro le tombe stesse. L’area megalitica di Aosta presume la presenza, negli immediati dintorni, di un consistente ed importante abitato. L’attribuzione culturale di queste testimonianze rimane per ora problematica, poiché sul piano di frequentazione iniziale dell’area gli scarsi reperti ceramici non consentono una sicura determinazione culturale. La complessa ed avanzata cultura che si esprime nell’area megalitica di Aosta rivela in ogni caso marcate affinità orientali, sia per gli aspetti tecnologici che per quelli ideologici ed artistici. La presenza dell’uso dell’aratro, che viene introdotto in Europa in questo momento iniziale del III millennio a.C. è in ogni caso molto significativa: ci riporta a considerare nell’insieme quel complesso di innovazioni a livello tecnologico, produttivo ed economico che A. Sherratt ha definito Secondary Products Revolution. L’area megalitica di Aosta conferma la presenza di ideologie religiose parimenti avanzate, ed anch’esse di probabile estrazione orientale. Il rito dell’aratura e della semina dei denti richiama alla tradizione mitica degli Argonauti. Anche le tipologie tombali di Aosta, come lo stile più antico delle stele antropomorfe, trovano confronti nell’area pontica e caucasica, nonché palestinese. Connessioni di base esistono comunque certamente con la cultura delle tombe tipo Chamblandes, che deve ancora essere definita culturalmente per molti dei suoi aspetti. Altre connessioni esistono poi con la cultura di
Remedello dell’Italia Settentrionale. Più evidenti sono, infine, i collegamenti, nelle fasi più recenti dell’Eneolitico, con il mondo culturale che fa riferimento alla presenza del vaso campaniforme. La posizione chiave del sito di Aosta, tra il mondo mediterraneo e quello transalpino dell’Europa settentrionale ed Occidentale, sembra testimoniare a partire dai momenti iniziali dell’Eneolitico, lo stabilirsi di correnti culturali e commerciali sistematiche, ed a vasto raggio, attraverso certe grandi vie di comunicazione, capaci di diffondere rapidamente innovazioni tecnologiche e nuove ideologie.
F. MEZZENA – La Valle d’Aosta nel Neolitico e nell’Eneolitico