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L’Eneolitico e l’Età del Bronzo in Basilicata

Atti della XX riunione scientifica IIPP, in Basilicata

L’Eneolitico e gli inizi dell’Età del bronzo sono noti in Basilicata, oltre che per numerosi ritrovamenti sporadici, soprattutto attraverso le sepolture. In esse è evidente la netta separazione tra due tipi distinti: le tombe a grotticella e quelle a cassetta. Le prime, ben documentate dalla tomba n. 1 dei Cappuccini e da quella di Serra Monsignore, si riallacciano direttamente alla cultura di Laterza. Una connessione, sia pure indiretta con questo tipo, si può riconoscere per le grotticelle naturali sepolcrali di Latronico, in cui, accanto ad elementi di Laterza, compaiono forme caratteristiche del Gaudo. Tra le tombe a cassetta acquista particolare rilievo, per la struttura a lastre megalitiche e per la ricchezza del corredo, quella rinvenuta in contrada Pane e Vino a Tursi, probabilmente destinata alla sepoltura di un personaggio eminente. Nel materiale confluiscono e si intrecciano componenti di culture diverse, ma prevalgono nettamente gli apporti delle culture del Gaudo e di Laterza, qui presenti simultaneamente in una tipica associazione chiusa. Nelle altre tombe di Parco dei Monaci e di Murgia Timone sono pressoché esclusivi oggetti di metallo considerati tipici della «prima Età del bronzo ». Un abitato di questo periodo è rappresentato dal «fondo di capanna» di Lama Cacchione in cui alcuni frammenti recano motivi decorativi tipici della sfera di Laterza. Particolarmente ricchi sono i livelli eneolitici delle grotte di Latronico, dove predomina la classe di ceramica tipicamente domestica con superfici rese scabre dall’applicazione di scaglie embricate o di listelli irregolari, mentre i frammenti di quella fine recano decorazioni che richiamano quelle di Laterza e nell’industria litica si avvertono gli influssi del Gaudo. Sembra acquistare una certa consistenza, pur nel vario articolarsi delle singole situazioni che potrebbe suggerire una diversa collocazione nella stessa linea di sviluppo, il momento iniziale della Civiltà appenninica corrispondente al Protoappennico B del Lo Porto. Sono infatti attribuibili ad esso i villaggi di S. Marco e S. Candida, le tombe, tutte ormai del tipo a grotticella, di S. Francesco e della necropoli di S. Martino e parte del materiale dello strato dell’Età del bronzo della grotta n. 2 di Latronico. La molteplicità dei contatti, evidenti sia con l’area campana che con quella pugliese, farebbe supporre l’esistenza di una vera e propria koinè culturale comprendente l’Italia meridionale. L’affermarsi della Civiltà appenninica è documentato sia in necropoli che in insediamenti che perdureranno per un lungo periodo. L’esempio più tipico delle prime è dato dalla necropoli di Murgia Timone con tombe a grotticella a pianta quadrangolare vatiamente elaborate e circondate da circoli di pietre; infatti, mentre dalla tomba n. 2 provengono materiali tipici dell’Appenninico,la n. 1 ha dato ricchi corredi del Subappenninico. Tra i villaggi, a parte le tracce dei primi insediamenti nel centro di Matera, soprattutto quello di Toppo D’Aguzzo mostra, attraverso complesse vicende, continuità di abitazione fino al III sec. a.C. Alla fine dell’Età del bronzo, con l’affermarsi del Protovillanoviano, noto special- mente per la necropoli di Timmari, avviene una netta differenziazione di situazioni. Ad Anglona e, in una certa misura, nell’« abitato» di Timmari, gli apporti protovillanoviani si innestano senza brusche rotture sulla tradizione subappenninica; a Toppo D’Aguzzo invece il trapasso avviene con eventi drammatici che determinano l’abbandono dell’insediamento alle pendici e gli incendi che nel villaggio sulla cima della collina separano gli strati delle due culture.

G. CREMONESI – L’Eneolitico e l’Età del Bronzo in Basilicata

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