Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XXX, (1975)
Dal 1969 il Museo Tridentino di Scienze Naturali sta compiendo degli scavi nel potente deposito del riparo Gaban presso Trento sotto la direzione del Dr. Bagolini. Tali scavi hanno messo in evidenza una stratigrafia che da livelli del Bronzo attraverso il Neolitico raggiunge strati mesolitici. Tra il 1972 e il 1973, sono usciti dagli strati più antichi del deposito neolitico quattro oggetti d’arte mobiliare, che sono già stati pubblicati dallo scopritore e dallo scrivente (vedi Fig. 11). Nel 1974, sono stati trovati altri quattro oggetti d’arte mobiliare, uno da livelli mesolitici e tre da quelli del Neolitico «antico finale», oggetti che vengono esaminati nel presente articolo. Dallo strato mesolitico proviene una figuretta muliebre nuda scolpita in basso rilievo su corno di cervo, in posizione eretta con le braccia distese lungo i fianchi. È molto realistica e caratterizzata da una notevole sensibilità plastica. Essa può rientrare, da un punto di vista stilistico, nel classico repertorio delle sculture muliebri paleolitiche d’Europa. È questo il primo sicuro ritrovamento in livelli mesolitici di una statuetta muliebre di questo tipo. In questo lavoro si compie un confronto approfondito stilistico-modologico tra questa e le numerose sculture femminili di gran parte d’Europa. In questo esame viene presa in considerazione anche la statuetta in pietra che fu definita paleolitica a causa delle sue caratteristiche modologiche, trovata a Chiozza di Scandiano (Reggio Emilia) nel 1940 ma che oggi, in base a considerazioni d’ordine stratigrafico, è da considerarsi proveniente dal ben noto abitato e sepolcreto neolitici esistenti in quella stessa località, ciò che dimostra il continuarsi della scultura muliebre dello stile paleolitico nelle culture a ceramica. La figuretta femminile del riparo Gaban, sicuramente mesolitica, costituirebbe il trait d’union tra le statuette femminili paleolitiche e quella di Chiozza. Dai livelli neolitici del riparo Gaban è poi venuto in luce una testa di cervide ricavata da un calcagno di cervo del quale furono sfruttate le caratteristiche morfologiche naturali dell’osso per metterne in evidenza, con l’aggiunta di qualche segno inciso e con la creazione dei due occhi, la somiglianza con la testa in parola. Siamo quindi in presenza dell’utilizzazione, anche da parte dell’artista neolitico, di forme naturali che hanno avuto azione evocatoria sulla sua immaginazione per creare un’opera verista, fenomeno che, come è noto, si manifesta frequentemente nell’arte paleolitica franco-cantabrica sia rupestre che mobiliare, specie nelle sue ultime fasi.
Un altro oggetto degli strati neolitici è una straordinaria piccola scultura antropomorfa di un tipo nuovo nell’arte preistorica, ottenuta da un terzo molare inferiore di cinghiale del quale è stata abrasa in modo uniforme tutta la regione radicale fino ad ottenere un piano segnato da incavi e sporgenze che rievocano grosso modo un’immagine muliebre vista in posizione frontale. Essa è stata successivamente resa più evidente con un lavoro di intaglio che ha riprodotto taluni particolari anatomici. Infine viene presentato un oggetto d’importanza veramente eccezionale, trovato anch’esso negli stessi livelli neolitici e costituito da un’ampia porzione della diafisi di un femore umano destro che fu limato e levigato in vari punti e del quale fu manipolato il canale midollare in modo da allargarlo alquanto. Quest’oggetto è ricoperto da un complesso ornamentale inciso che si estende su tutta la superficie dell’osso stesso. Tale decorazione può essere, in senso verticale, suddivisa in tre porzioni. Nella superiore è rappresentato un volto umano i cui tratti sono incisi con una stilizzazione che ritroviamo molto simile nel ciottolo inciso in sembianza antropomorfa proveniente dallo stesso livello del riparo Gaban. In questa maschera gli occhi sono costituiti da due fori che attraversano la parete ossea e che sono probabilmente due fori di sospensione. Il settore mediano e quello inferiore sono riempiti da decorazioni geometriche (triangoli, zig-zag, chevrons, losanghe, ecc.). Ognuno di questi settori è separato dall’altro da un fregio ad S ricorrenti. Questa decorazione potrebbe essere interpretata come l’ornamentazione di un abito o paludamento che ricopre il personaggio di cui è figurato il volto nel settore superiore. Vengono fatti dei riferimenti per quanto riguarda questo possibile paludamento, agli «idolos placas» e agli «idolos oculados» iberici nonostante la loro minore antichità, e a talune stele antropomorfe ampiamente decorate come quelle di Aosta e di Sion. L’accurato trattamento che ha subito questo femore, in particolare nella manipolazione del canale midollare, rivela la volontà di creare un oggetto con finalità funzionali molto precise. Si possono, a questo proposito, fare varie ipotesi. La più razionale sembra essere quella della sua utilizzazione come strumento a fiato per l’emissione di suoni. Infatti esso offre le caratteristiche di una canna sonora di tipo aperto ad ancia labiale. Soffiando a mo’ di tromba nell’orifizio superiore di questo tubo, si ottiene un suono di notevole intensità corrispondente all’incirca al SOL. La possibilità che l’oggetto sia stato impiegato come strumento a fiato è stata confermata anche dagli esperimenti acustici fatti in laboratorio dai Proff. Righini e Gai (vedi articolo a pag. 353 di questa Rivista). Gli oggetti neolitici del riparo Gaban, nonostante le loro varietà di forme, appaiono in buona parte legati l’uno all’altro da alcuni caratteri comuni quali, in particolare, il tipo di decorazione geometrica che compare su di essi. Non è facile stabilire dei rapporti precisi con altre manifestazioni d’arte del Neolitico euro-mediterraneo. Qualche affinità tuttavia appare nelle decorazioni incise sulle ceramiche del Neolitico padano ed anche su quelle balcaniche. Inoltre sembrano apparire dei rapporti tra le forme geometriche di questi oggetti e quelle dell’arte mobiliare del Paleolitico superiore dell’Europa orientale (avori e ossa incise di Mezin, di Predmost, ecc.). Forme simili compaiono anche nell’arte epipaleolitica della provincia mediterranea in Italia (Balzi Rossi, Polesini, Romanelli, ecc.) e nella regione danubiana (Icoana, Cuina Tuculai in Romania). Tutto questo fa pensare a una continuazione di queste forme d’arte geometrica dei popoli cacciatori nelle culture a ceramica del riparo Gaban. Per quanto riguarda certi eventuali affinità stilistiche con l’ornamentazione ceramica europea, si deve tener conto anche di possibili fatti di convergenza o di un substrato estetico primordiale dal quale certi elementi grafici fondamentali possono, attraverso i tempi e lo spazio, ricomparire concorrendo a creare gli svariati modelli decorativi ceramici che caratterizzarono le varie civiltà agricolo-pastorali della preistoria europea ed extra-europea.
P. GRAZIOSI – Nuove manifestazioni d’arte mesolitica e neolitica nel riparo Gaban presso Trento